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Come si può misurare la prestazione di un prodotto sul mercato? Quali sono i “driver” dell’acquisto, ovvero i fattori che principalmente guidano la scelta d’acquisto?

La prestazione reale di un prodotto scaturisce da tre contributi: attrattività, forza sensoriale ed equità percepita del rapporto qualità/prezzo

 

LO SCENARIO

Nella realtà di tutti i giorni, i consumatori acquistano e utilizzano prodotti alimentari potendone osservare l’immagine che li accompagna (brand, pack, claim,…), conoscendone il prezzo d’acquisto, spesso leggendone le informazioni e i consigli per l’uso riportati sulla confezione, forse ricordandone la pubblicità.
In molti casi sono prodotti già consumati in precedenza, a volte si tratta di un primo acquisto e, quindi, di una nuova esperienza sensoriale.

Tutto ciò fa sì che, fino all’istante che precede l’utilizzo, nel consumatore maturi un’aspettativa di gradimento sensoriale verso il prodotto.
Un’aspettativa che, alla prova, può risultare mantenuta o disattesa, in funzione della capacità del prodotto di sostenerla nei fatti.
È noto, altresì, che la soddisfazione sensoriale del consumatore espressa in condizioni di assaggio “blind” può essere significativamente diversa da quella derivante da un assaggio in condizioni “informate”, ovvero “as market”.
Nella prima condizione, si manifesta la prestazione sensoriale intrinseca e, quindi, la forza del prodotto, nella seconda entrano in gioco anche gli effetti che su di essa hanno le aspettative e le informazioni che accompagnano il prodotto stesso, come accade nella realtà quotidiana.

GLI OBIETTIVI

Partendo dal presupposto che, dal punto di vista del consumatore, la prestazione reale di un prodotto scaturisce da tre contributi fondamentali:
• l'”attrattività”, basata su una immagine (brand, pack, claim, informazioni,…) in grado di suscitare aspettative positive
• la “forza” sensoriale, intesa come capacità di soddisfare il gusto del consumatore (gradimento)
• l’ “equità” percepita del rapporto qualità/prezzo (per quel prodotto, con quella immagine)

la metodologia VIP permette di misurare questi tre contributi, di analizzarne l’importanza e l’equilibrio reciproco, di ricavare indicazioni utili al miglioramento  della prospettiva futura di un prodotto sul mercato, anche in relazione ai principali competitor.

In dettaglio il VIP test consente di:
– conoscere il posizionamento reale del proprio prodotto sul mercato (“actual performance”), in relazione ai competitor di principale interesse, cercando di prevederne la possibile evoluzione futura
– comprendere quali fattori concorrono a sostenere principalmente la scelta di acquistare un prodotto: perché  è buono? perché costa poco? perché ha una bella confezione? perché è di una marca di fiducia?

Riportiamo il caso studio relativo ad una ricerca effettuata su alcune robiole.

IL METODO

La ricerca è basata su un particolare procedimento di coinvolgimento multi – step del consumatore, che prevede tre diverse fasi di indagine: rilevazione delle attese (senza assaggio); assaggio dei prodotti in condizioni “blind” (quanto piacciono al netto di tutte le altre leve del “marketing mix”), assaggio in condizioni “informate” ( così come accade nella realtà).

I RISULTATI

Il test ha evidenziato una notevole diversità fra i prodotti, in tutte le fasi e condizioni di test, a testimonianza del fatto che, in questo mercato, il consumatore può scegliere tra una gamma molto vasta di prodotti differenti tra loro per qualità intrinseca, per notorietà/attrattività delle marche, per prezzo al pubblico.
In fase di aspettativa il gap tra i prodotti maggiormente e meno apprezzati è notevole, pari ad oltre un punto (su una scala da 1 a 9). Le referenze che ricevono i punteggi più elevati sono quelle più note in termini di brand name.
In seguito, all’assaggio (in condizioni blind), per la maggior parte dei prodotti che generava le aspettative più elevate, si assiste ad una disconferma (negativa).
In fase as market si possono riconoscere tre fenomeni: il fenomeno dell’assimilazione, per il quale il consumatore si muove nel verso delle aspettative, cioè riporta il suo giudizio as market il più possibile vicino a quello atteso; il fenomeno del contrasto, per il quale il consumatore si muove nel verso opposto alle aspettative, cioè si allontana dal giudizio atteso. In alcuni casi, invece, il consumatore conferma il giudizio blind; dunque, la sua valutazione si basa solo sulla percezione sensoriale del prodotto: non è condizionata dalla conoscenza della marca.

Per alcune delle robiole, quindi, si è registrato un sostanziale equilibrio fra immagine e prodotto: si tratta di prodotti che, all’assaggio, mantengono (alte o basse che siano) le aspettative generate dall’immagine. In assenza di interventi nuovi, in futuro il posizionamento di questi prodotti rimarrà presumibilmente stazionario, in positivo o in negativo.

Per altre robiole, l’aspettativa di gradimento, suscitata dall’immagine, è stata superiore all’effettiva piacevolezza all’assaggio successivo. Si tratta, soprattutto, di prodotti per i quali la fiducia nella marca/attrattività è elevata, ma che all’atto del consumo non sono all’altezza delle attese.
In questi casi, è la conoscenza/notorietà del marchio a sostenere il prodotto, ma in prospettiva il ripetersi di esperienze di consumo non completamente coerenti con le attese potrebbe indebolire l’immagine/marchio.
Infine, alcuni prodotti, alla prova dell’assaggio, sono andati oltre le aspettative suscitate, ossia la loro performance sensoriale è stata superiore a quanto ci si attendeva. In prospettiva, per effetto di questa qualità intrinseca percepita, è auspicabile per questo prodotto un miglioramento delle attese, con conseguente consolidamento della fiducia nella marca.

I risultati hanno messo in evidenza che, nella graduatoria dei fattori guida dell’acquisto, prevale l’equità percepita del rapporto qualità/prezzo, seguito con un impatto notevole dalla fiducia nella marca/attrattività. Un po’ meno rilevante la bontà sensoriale del prodotto.