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Nei bar di Trieste si ordinano neri, capi, capi in B …. Un codice che bisogna assolutamente conoscere se non si vogliono avere sorprese. Tanto che uno dei migliori bar, il Caffè degli Specchi affacciato sulla splendida Piazza Unità d’Italia, ha predisposto un divertente quanto utile cartello (in foto).

Proprio in questo bar un giorno, in vena di sperimentazioni, invece di chiedere il caffè macchiato –come si fa in tutta Italia e come facevo di solito – così per ridere buttai là “un C in B per favore!” con un mezzo sorrisetto stampato in faccia, in attesa che il cameriere mi guardasse con aria interrogativa. Niente affatto! Con totale indifferenza mi venne servito un caffè macchiato in bicchiere di vetro (perché a Trieste molti ritengono che il vetro ne esalti le virtù aromatiche e quindi sia preferibile alla tazzina).

Da allora ho capito che per non essere immediatamente individuati come “foresti”, a Trieste bisogna assolutamente evitare di usare termini quali espresso o macchiato, e lanciarsi senza timori lessicali sul nero e sul capo. Ma dopo aver acquisito questa abitudine, mi si presenta oggi il problema inverso. A Milano chiedo un nero e vista l’occhiata mi devo lanciare in un’arzigogolata spiegazione “espresso normale non macchiato senza latte” (oddio come si chiama il nero nel resto d’Italia????), a Parma pronuncio correttamente la richiesta  di un espresso ma quando chiedo anche un goccio di latte freddo mi guadagno una rispostaccia perché tale richiesta va fatta alla cassa e si pagano 10 centesimi in più.  A Napoli, chiedo semplicemente un caffè, e se elemosino un pochino di latte freddo mi guardano orripilati …