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Nel mondo delle ricerche sul consumatore è da sempre noto come l’esperienza derivante dal consumo/utilizzo di un prodotto – alimentare e non – sia condizionata dal conteso nel quale la prova si svolge.

Molti product test sono condotti in Central Location nonostante queste non rappresentino una situazione naturale di consumo e non tengano in considerazione l’influenza del contesto. La Central Location offre il vantaggio di tenere sotto controllo le condizioni di prova che sono così riprodotte in modo standardizzato per tutti i soggetti partecipanti al test e per tutti i prodotti in esame. Si controllano non solo le condizioni ambientali (luce, temperatura, “atmosfera” e assenza di rumori) ma anche quelle di preparazione, di presentazione e di assaggio/prova dei prodotti. Molto spesso la scelta della Central Location diventa obbligata: è questo il caso dei Blind Product Test (dove il prodotto deve essere valutato necessariamente privato della marca) nei casi in cui, per ragioni intrinseche al prodotto o legate al pack, non è possibile annullare la riconoscibilità del prodotto. Oppure, quando l’oggetto del test è il prodotto, la necessità imprescindibile che nessun’altra informazione condizioni il consumatore conduce sempre alla scelta della Central Location come ambiente di prova preferenziale.

Diversa è la situazione in cui il prodotto consente di procedere ad una perfetta blindizzazione. In tal caso, così come nel caso di disegni di ricerca che prevedano la prova branded del prodotto, la condizione raccomandata è quella a domicilio che, senza ombra di dubbio, lascia il consumatore nella assoluta libertà di scegliere come e quando provare il prodotto. Tuttavia, anche la prova a domicilio non è esente da svantaggi e criticità rilevanti: tra queste la difficoltà a controllare che i soggetti valutino effettivamente i prodotti, che le quantità consumate e le condizioni di prova siano idonee e uniformi.

Dunque, quali sono le migliori condizioni per lo svolgimento di un test di prodotto: l’ambiente controllato e standardizzato oppure l’ambito usuale offerto dalla vita reale?

Da queste considerazioni nasce l’idea di combinare i vantaggi delle condizioni di prova offerte dalla Central Location con quelle naturalmente presenti nella vita reale durante il consumo di un prodotto. Negli ultimi anni il mondo scientifico ha quindi investito sulla ricerca di condizioni di test alternative a queste due situazioni “estreme” – tra loro opposte – e molti studi rivelano risultati promettenti anche se spesso ancora contrastanti.

Un approccio possibile è basato sulla riproduzione di stimoli visivi, uditivi e olfattivi in grado di evocare situazioni della vita reale in ambienti come le Central Location senza rinunciare quindi ai vantaggi di un ambiente controllato. Diversi sono gli approcci studiati per riprodurre questi stimoli, approcci che spaziano dalla realtà aumentata fino alla realtà virtuale.

Alcuni autori (Bangcuyo et al. 2015) hanno simulato l’ambiente di una coffee house attraverso la proiezione di video visibili da televisori appesi alle pareti. Essi hanno rilevato un aumento del potere discriminante tra i prodotti rispetto allo stesso test condotto in Central Location classica. Sembrerebbe, dunque che un maggior coinvolgimento contribuisca a facilitare la stima del gradimento del caffè in condizioni naturali.

Altri studi scelgono la strada dell’immersione multisensoriale dove le cosiddette sale immersive mettono il consumatore a contatto con gli elementi fisici e sociali del contesto di consumo: vengono proiettati video sulle pareti della stanza a sua volta arredata con attrezzature che richiamano aspetti familiari al consumo di un dato prodotto e, se richiesto, i soggetti possono anche socializzare tra loro. I soggetti sono così proiettati in una realtà mixata tra reale e virtuale.

Un’altra modalità di creazione del contesto è rappresentata dalla Realtà Virtuale Immersiva (iVR). Questa tecnica offre una simulazione computerizzata del contesto scelto per un dato prodotto e può essere realizzata in 2D – proposta attraverso uno schermo collocato in una postazione di assaggio della CL – o in 3D – caricato su occhiali hi tech. In tal modo, i soggetti possono immergersi in un ambiente molto simile a quello reale con la percezione di essere fisicamente dentro il contesto. Questa esperienza virtuale attiva una serie di reazioni multisensoriali in grado di aumentare il coinvolgimento durante i test. (Dinh, Walker, Hodges, Chang Song, & Kobayashi, 1999; Sholtz & Smith, 2016; Witmer & Singer, 1998).

Oggi è inoltre possibile riprodurre situazioni di Realtà Virtuale “a 360°”. Questa modalità consiste nel realizzare un video di scene e contesti di consumo reali proiettato attraverso strumenti digitali ad es: gli occhiali hi tech che, una volta indossati, consentono l’immersione totale nell’ambiente di consumo desiderato.

Uno degli svantaggi ancora da superare per queste tecniche di Realtà Virtuale è legato alla difficoltà di interagire con il prodotto. Nei test che prevedono l’assaggio è infatti necessario “uscire” dalla Realtà Virtuale e riprendere contatto con l’ambiente del laboratorio per effettuare la prova del prodotto.

Altro svantaggio rilevante, comune a tutte queste tecniche immersive, è rappresentato dal costo e dai tempi di realizzazione.

In conclusione, molte e sempre più innovative sono le modalità sperimentate per evocare il contesto di consumo fuori dalla vita reale e davvero enorme è l’interesse mostrato dal mondo scientifico su questi temi. Tuttavia, ad oggi, la letteratura scientifica riporta risultati ancora molto contrastanti, senza una chiara indicazione di quali siano i reali vantaggi derivanti dall’applicazione dei vari approcci sperimentati nei test in Central Location nel tentativo di avvicinare le condizioni di prova a quelle della vita reale. Ulteriori esplorazioni sono quindi necessarie per identificare e convalidare le nuove tecniche immersive ma i lavori sono in corso ed i progressi promettenti.